“Dobrodošli v državi, ki je ni”
(Benvenuti in uno Stato che non esiste)
Metelkova non è solo un luogo. È l’ultimo respiro della Lubiana anarchica, un grido nel silenzio di una città addomesticata.
Nello scheletro di un’ex caserma austro-ungarica, diventata poi quartier generale dell’esercito jugoslavo, vive ancora una città ribelle.
Nel 1993, a due anni dall’indipendenza della Slovenia, un gruppo di artisti, attivisti, rivoluzionari e anarchici decise di darle una nuova vita. Furono accusati di essere “abusivi”, ma si dichiararono “liberi”.
Trent’anni dopo, Metelkova Mesto resiste. Arte contemporanea, teatro e murales si fondono con techno, punk e performance, tra l’odore di birra e vernice spray.
È simbolo della resistenza culturale, una sfida alla Lubiana perfetta: una città pulita, ordinata, silenziosa. Talmente perfetta che viene voglia di urlare.
A Metelkova la speranza sa di rabbia. I sogni bruciano nella notte – nutriti dall’insoddisfazione – nell’attesa di un alba che mostri tutti finalmente uguali.
“Ci chiamano barbari. Ma noi siamo i restauratori di un museo che non esiste ancora: il museo della libertà.”